Wednesday, August 30, 2006

Italia

Devo fare una breve puntualizzazione... dopo un mese qui a New York credo sia opportuna una parentesi sulla "cultura" e sull'"essere" italiani, visto che qui mi sento circondato da un'infinità di finti "made in Italy"!

LA PIZZA. Come avevo già avuto modo di imparare in passato, un conto é mangiare la pizza, quella con la P maiuscola, e tutt'altra cosa é mangiare una pizza: qui si può mangiare una pizza. Non siate confusi o imbarazzati dalla seguente affermazione, non é poi così male il risultato ottenuto qua, basta non metterci troppi ingredienti strani, che tanto piacciono agli americani e così poco a noi italiani. La cosa imbarazzante però é l'abuso del marchio made in Italy, infatti quasi tutte le attività legate a nomi italiani sono gestite da non italiani... cinesi, messicani, coreani e via discorrendo. Niente di male, ma non hanno senz'altro conoscenza dei nostri prodotti e tradizioni e sfruttano nomi italiani per catturare l'attenzione della clientela.

LE MAGLIE DELLA NAZIONALE
. E' vero, siamo i campioni del mondo, quindi c'era da attendersi che molte persone, per spirito di emulazione, avrebbero comprato le magliette della nazionale, e la cosa é anche molto bella, visto che non si vedono in giro magliette della Francia o dell'Inghilterra o simili... La cosa che però mi fa riflettere é che, come troppo spesso nel recente passato e presente, non sappiamo usare il brand "Italia" per arricchire la nazione. Infatti chi sta facendo soldi a vendere le magliette della nazionale é un'azienda tedesca! Direte voi, questo é un fattore marginale, rispetto ai problemi attuali dell'Italia; vero, però é dalle piccole cose che si crea un impero... l'antica Roma non é nata grande, lo é diventata! E' la mentalità vincente che, troppo spesso di questi tempi, ci manca. Mio personale suggerimento é quello di provare un po' tutti a piangerci di meno addosso e metterci nei panni dei 23 eroi del mondiale... non erano la squadra più forte, ma erano senz'altro il gruppo più forte, ecco perché hanno vinto!




Per rimanere sull'argomento, sono stato a Boston in questi giorni... e lì ho potuto rivedere un vero quartiere italiano, con ancora parvenze di tradizione! Ribadisco, la vittoria nel mondiale ha senz'altro dato il suo contributo, ma almeno, come possono testimoniare le foto allegate, si respirava genuino profumo d'Italia un po' dappertutto...



Concludo alla Ciampi: Viva l'Italia!

Tuesday, August 29, 2006

Meteoropatia

Ormai é passato un mese da che ho messo piede nella Grande Mela. Il tempo é veramente volato, specialmente in questi ultimi dieci giorni, visto che l'attività accademica riempie la maggior parte delle mie giornate... beh, adesso non vi emozionate troppo, non ho mica detto che sto studiando tutto il giorno, ho detto che qui oltre a studiare si passa un mare di tempo in attività collaterali al fine di indirizzare il nostro futuro professionale e, credetemi, ci vogliono volontà e tempo per riuscire a conciliare il tutto, senza dimenticare la grande lezione offertaci dagli inglesi, che i tuoi futuri compagni di business facilmente saranno coloro con cui hai passato "molto tempo" davanti a boccali di birra!!!

Tre anni di vita londinese dovrebbero avermi aiutato a reggere questi ritmi atroci, ma mi hanno insegnato anche a non soffrire (o almeno attenuare) fenomeni di meteoropatia. Conosciamo fin troppo bene il clima uggioso londinese, quel cielo plumbeo per mesi interi in inverno, le giornate invernali, che assomigliano a delle notti perenni, la pioggerellina che non ti bagna ma comunque ti infastidisce, le estati col piumone, quando tutti i tuoi amici sono al mare in Italia, e tu muori di freddo... potrei andare avanti, ma preferisco fermarmi.

Credevo che venendo qui a New York, almeno il tempo, in estate, sarebbe stato più gratificante. Temo di essermi sbagliato: al mio arrivo mi sono ritrovato una settimana di temperature oltre i 40 gradi, roba da soffocamento; adesso, invece, sono 5 giorni che piove e non dico che fa freddo, ma poco ci manca! I Newyorkesi mi hanno però assicurato che l'autunno é magnifico, fino quasi a fine Novembre, poi iniziano le nevicate... ma, chi mi conosce bene, sa quanto mi rende felice una nevicata.

Ad ogni modo, tornado alla meteoropatia, credo che Londra mi abbia proprio insegnato a sopportare il clima che la Divina Provvidenza ci riserva... é vero, New York sotto la pioggia finisce per diventare uggiosa pure lei, non che a Torino sia tanto meglio!!!, però sono così entusiasta di essere qui e così impegnato, che veramente non risento dei cambiamenti climatici. Certo se ha intenzione di continuare a piovere ancora a lungo, forse il mio ginocchio malandato (quello "della lavandera", per intenderci) inizierà a dolermi e forse il mio umore un pochino cambierà.

Per il momento però preferisco rimanere ottimista, come sempre.

Il Vostro bugia nén

Friday, August 25, 2006

Finalmente l'avventura é iniziata

Con lunedì 21 é iniziata ufficialmente la mia seconda vita da studente. Questa volta, forse, dovrò essere un po' più serio e parruccone che non in passato... ma così ho scelto e quindi non posso lamentarmi.

Che dire, questa prima settimana é stata unica sotto svariati aspetti:
  1. Ho conosciuto prof. eccezionali, pieni di energia, che riescono a coinvolgerti e tenerti vivo per 2 ore... non come alcune lezioni in Italia, dove ti addormenti dopo 10 min scarsi
  2. La maggior parte dei compagni di corso ha alle spalle un background molto interessante, da cui trarre esperienze, informazioni, notizie, che potranno venire utili in futuro
  3. Ho avuto un assaggio di come saranno tante delle mie serata newyorkesi nei prossimi mesi: grandi eventi organizzati da Columbia, in collaborazione con varie aziende... banche principalmente (ma credo che questa non sia una sorpresa! siamo a New York). Tanto per citarne uno, martedì sera eravamo al Guggenheim per un rinfresco... il museo era aperto solo per noi: perfetto per conciliare arte, cena, drinks e conoscersi meglio oltre che conoscere alcuni ex-allievi; il tutto ovviamente gratis (con quello che pago di tuition mi sembra il minimo), cosa che, a New York non guasta mai!
...Potrei andare avanti, ma mi fermo qui per non tediarvi, e soprattutto perché preferisco passare alle vicende tragicomiche che sono capitate:
  1. Il Rettore della scuola Glenn Hubbard, dopo le cerimonie iniziali, é venuto a trovarci nella nostra classe e, come potete vedere nella foto a lato (io sono quello di spalle, in basso a destra), mi ha subito scrutato... che dire! per una volta che non stavo facendo lo scemo! Forse sarà la mia faccia da combina guai, che l'ha insospettito. Ad ogni modo, lui é veramente un grande esperto in materia economico-finanziaria ed era nella short-list per diventare presidente della Federal Reserve, successore di Alan Greenspan... purtroppo non é stato molto fortunato e il suo amico Ben Bernanke ne ha preso il posto (vi suggerisco di vedere questo video fatto da alcuni studenti CBS dell'anno scorso, fantastico!)
  2. Ci hanno proposto un'attività in cui dovevamo fare trading (lo scopo ovviamente era massimizzare i profitti), basandoci su informazioni incomplete ed assimmetriche, ossia diverse per ogni gruppo. Direte voi, chiaramente contratti prima le informazioni e poi cerchi di trarre vantaggio dalle fluttuazioni del mercato. Ovvio, se siamo alla CBS non saremo poi così idioti (o almeno lo spero!). La cosa meno piacevole succede quando sto chiudendo un deal con grosso profitto e un compagno di team si intromette e vende sotto il nostro prezzo d'acquisto, bruciando tutto il faticoso lavoro di negoziazione (osservate foto a lato e la mia espressione). Fortunatamente ho poi convinto i miei cari compagni a farmi fare le cose per bene e siamo riusciti a raccattare il terzo posto su 12, risultato insperato dopo le disavventure iniziali
  3. Una nota meno allegra, ma che va citata: se venite a New York salite o scendete dal taxi sempre dal lato marciapiede, mai da quello strada, altrimenti rischiate di fare la fine di Lele (non preoccupatevi, sta benissimo, solo qualche livido... ma come avete visto mille volte in ER, qui, tanto per non sbagliarsi vi inchiodano ad una barella scomodissima, così, anche se non avete nulla, dopo un paio d'ore che siete in questa scomoda posizione, qualche dolorino arriverà di sicuro!)
Con questo vi lascio, visto che ho un'altra cena a scrocco!

Il Vostro bugia nén

Thursday, August 17, 2006

Le mance!

Avendo in Lele un esperto mastro birraio, non potevamo mancare un giro in una delle tante microbrewery di New York City. E infatti ieri sera siamo finiti da Heartland Brewery. Il posto é carino, su Union Square, e c'é una vasta scelta di birre. Noi, da assaggiatori, andiamo per il menù degustazione... assaggino di tutte le specialità della casa. Non sono tutte buone, ma alcune lasciano veramente un piacevole sapore.

Finita la nostra consumazione, arriva il momento di pagare. Come molti di voi sapranno, qui negli States il prezzo che vedi sui menù é solo indicativo del totale che andrai a pagare. Infatti bisogna aggiungerci l'IVA, che varia da stato a stato, e la famosa tip per il servizio (mancia - testuale dal dizionario di Oxford: "una piccola quantità di denaro data come ricompensa per il servizio ricevuto"). Ora già mi girano alquanto di non sapere mai quanto esattamente andrò a spendere, in più qui si offendono se non lasci una mancia adeguata. Lo so, direte voi, che questi qui sono pagati da fame e che vivono sulle mance, ma é altrettanto vero che mediamente questa gente raccatta 200-300 dollari a turno, che non mi sembra poi una paga da fame!!!

Ad ogni modo, credo che la mancia debba essere un riconoscimento del servizio ricevuto, come dice la definizione ufficiale, dunque tanto più elevata quanto più sono soddisfatto, mentre qui il concetto é che si deve dare un 15-20% a prescindere. Mi può stare bene se vado a cenare e ti faccio impazzire con l'ordine, ma per portarmi 3 birre, che oltretutto avrei volentieri preso io al bancone, non vedo perché devo pagarti così tanto, per cui prenditi un 10% e accontentati! C'é chi sta messo molto peggio.

Fatto sta, lasciamo il nostro 10% di mancia. In fin dei conti, la nostra cameriera non ha fatto un belino. Questa prende il nostro conto, scruta con cupidigia la mancia (da veri Lord!?!?) e si gira verso di noi con sguardo allibito, come a dire: "Così poco, ma siete pazzi, mi sono spaccata la schiena per servirvi!"... io le ricorderei i poveri messicani, cinesi, vietnamiti, tailandesi e quant'altri che lavorano fino a 12 ore al giorno per meno di 1 dollaro!

Noi, io in particolare, saremo anche dei tirchi, ma lei é veramente una buffona! Sarebbe stata da fotografare la sua faccia.

Terminata questa filippica anti mance, vi rimando al prossimo posting.

Il Vostro bugia nén

Saturday, August 12, 2006

... e finalmente in barca!


Nella città che ospita la sede dello Yacht Club che per più a lungo ha detenuto la mitica Coppa delle 100 Ghinee, meglio nota come America's Cup, non poteva mancare che io finissi per buttarmi in qualche regata... e infatti, a meno di 2 settimane dal mio arrivo, eccomi già a orzare e poggiare, issare lo spi, ingaggiare gli avversari e sbatterli in barca comitato, durante il circling di partenza. Nella vela, infatti, alla faccia di de Coubertin, non conta partecipare, ma vincere, come ben é stato esemplificato dall'assistente della Regina Vittoria, che, alla domanda della sovrana su chi fosse secondo dietro alla goletta America nella storica prima regata della coppa nel 1851, rispose: "There is no second, Your Majesty"... infatti la seconda classificata era a oltre 20 minuti dal vincitore!

Fatto sta che non abbiamo vinto, ma per essere un equipaggio che non aveva mai veleggiato assieme su 5 regate siamo arrivati una volta secondi e una terzi... non male come inizio, anche se bisogna lavorare sullo spi, per farlo portare come si deve.

La giornata e' iniziata prestissimo, sveglia alle 6, alle 6.30 ritrovo alla fermata della subway, da lì fino a Penn Station, dove abbiamo preso il treno per Port Washington, Long Island, dove ha sede il Knickerbocker Yacht Club: qui noi studenti Columbia abbiamo degli sconti eccezionali per diventare soci e veleggiare in allegria in un posto molto carino, stile Oyster Bay... non sembra quasi vero di essere in un ambiente quasi incontaminato a soli 40 minuti di treno da New York City.

Il ritorno questa volta é stato meno movimentato, rispetto alla gita a Oyster Bay, ma Lele era sfinito e io pure ero abbastanza stanco. In fin dei conti stare oltre 7 ore in barca sotto il sole é solitamente abbastanza impegnativo. L'importante, come sempre, é essersi divertiti e, per quel che mi riguarda, potete immaginare la risposta... mi sono divertito moltissimo. La barca, come ben sanno i miei "sfortunati" genitori, é una di quelle cose, per cui ho sempre avuto una grandissima passione, tanto che, prima di convincermi che ingegneria sarebbe stata la mia strada (decisione presa all'età di 12 anni... e infatti si é visto per quanto tempo ho esercitato la professione per cui ho studiato!), avrei voluto diventare il comandante di una nave! Semplicemente amavo e continuo ad amare troppo il mare, per pensare di non passarci un periodo quanto più lungo possibile ogni anno.

Il Vostro bugia nén.

Thursday, August 10, 2006

Oyster Bay

Oggi abbiamo deciso di andare al mare... quindi sveglia di buon'ora, zaino in spalla, Penn Station e treno per Long Island, destinazione Oyster Bay (la baia delle ostriche). Dopo un'oretta e mezzo di viaggio, ben confortati dall'aria condizionata, siamo finalmente arrivati nella ridente cittadina, nostra meta turistica.


Non soddisfatti della prima spiaggia, incontrata all'uscita dalla stazione, ci incamminiamo, percorrendo buona parte della baia, ed arriviamo, dopo circa un'ora, all'estremita' della penisola, rivolta a sud verso la baia e a nord verso l'oceano. Troviamo una spiaggetta decorosa e sistemiamo i nostri teli. Purtroppo l'unico angolo all'ombra, dove potrebbero starci 30 persone, e' occupato dai simpatici Baywatch locali, che, pur essendo solo in 5, non lasciano spazio a nessun altro... vabbeh, almeno ci faranno fare il loro lavoro per qualche minuto? Lele ci si mette di impegno, ma tempo 30 secondi e ci fanno tornare mesti al nostro posto.

Io, come sempre mi succede in spiaggia, mi faccio cullare dal fruscio del vento e del mare e cado nelle braccia di Morfeo... solo la fame di Lele mi riporta tra i mortali e ci dirigiamo al vicino locale fronte mare per un delizioso pranzetto a base di scampi e piña colada (il proprietario sembra la copia locale di Zampetti, quello dei Ragazzi della Terza C).

Ci imbattiamo anche in un simpaticissimo bar, che la dice lunga su come il made in Italy sia sempre piu' abusato nel mondo: Cafe' al Dente... ogni commento mi pare puramente inutile!


Alle 4.00pm decidiamo che la lunga camminata che ci aspetta per tornare alla stazione va fatta al piu' presto, altrimenti perdiamo il treno che ci riportera' a casa... direte voi: ma un bus, un taxi, l'autostop per evitarvi la sfacchinata? Ci abbiamo provato, ma il bus non c'e', il taxi neppure e l'autostop con le amiche di una Baywatch non ha funzionato... e dire che erano pure brutte e abbiamo lasciato intendere di non avere nessuna strana intenzione... forse la prossima volta dovremmo essere un po' meno signori!

Fatto sta che, stremati dal caldo, arriviamo alla stazione, e qui inizia la nostra Odissea per tornare a casa. Se all'andata ci abbiamo messo un'ora e mezza, il ritorno e' durato circa 3 ore. Infatti si e' prima rotto il treno di fronte al nostro e poi un mega acquazzone ha praticamente paralizzato New York e tutto il suo traffico sotterraneo (stazioni della metro e tunnel allagati): ebbene si', anche la citta' piu' opulenta del mondo si deve inchinare allo strapotere di Madre Natura (per la cronaca, un acquazzone del genere, a Torino, non avrebbe causato alcun problema, ma non ditelo agli americani, che altrimenti si offendono!).

Beh, ora siamo a casa, stanchi, ma abbronzati e soddisfatti di esserci recati in quest'angolo remoto, ma molto bello, di Long Island.



Il Vostro bugia nén.


Tuesday, August 08, 2006

Manu e Rahul si sposeranno

Per chi non ha partecipato alle mie peripezie londinesi, forse questa notizia non sarà significativa, ma cercherò ugualmente di farvi capire il senso di quanto vado a scrivere.
Da tradizione, il Sommo Massimo dedica ad ogni anno un motto diverso (stile oroscopo di fine anno), giusto prima del letter day aziendale di gennaio, quando gli animi di noi amici/colleghi sono ancora sereni. Il 2004 è stato l'anno dell' "Ottimismo Cosmico", il 2005 quello dell' "Amore Universale", con sottotitolo "Ritmo, Ritmo, Ritmo!" e dedica ad Emanuela, mentre il 2006 è l'anno delle "Lacrime e Sangue", con sottotitolo "All In" (per chi non sia giocatore di poker, questo è il termine che si usa quando ci si gioca tutto). Bisogna dargli atto, Massimo ha sempre azzeccato, con questi slogan, lo svilupparsi dell'annata!
Ma torniamo a Emanuela e al 2005. La nostra cara si era posta tre obiettivi (da qui il "Ritmo, Ritmo, Ritmo!"): passare il CFA (peccato che invece di iscriversi a London, UK, si sia iscritta a London, Ontario... e che quindi, nonostante studio intenso, non sia riuscita a dare l'esame), diventare imprenditrice (non ci ha mai rivelato quale fosse la sua invenzione per la cucina, un utensile a cui nessuno aveva ancora pensato... fatto sta che Rahul l'ha amabilmente convinta a desistere dall'impresa) e, in ultimo, ma non per ordine di importanza, trovare l'uomo che l'avrebbe sposata.
Falliti i primi due, non rimaneva che centrare il terzo obiettivo... e fino ad aprile 2005 non si era vista speranza, ma poi la nostra ha conosciuto Rahul e... è notizia di questi giorni, Rahul e Manu si sposeranno!
Auguri ad entrambi, evidentemente il 2006 è anno buono non solo per il sottoscritto.

Un po' di storia...


Lo so, sono un fanatico dei dati storici, però mi sembra giusto riportare qualche cenno sul luogo dove passerò buona parte dei prossimi due anni (per maggiori info, seguire i link che sono riportati).
La Columbia University, fondata nel 1754 come King's College, è una delle 8 università dell'Ivy League. Le altre sono Harvard, Yale, Princeton, U Penn, Brown, Dartmouth e Cornell. Fondata da padri anglicani, annovera un motto di chiara matrice cristiana: "In lumine Tuo videbimus lumen", nella Tua luce vedremo la luce. Le scuole di specializzazione più famose sono, oltre alla Business School, di cui quest'anno ricorre il novantesimo anniversario, le scuole di legge, medicina e, soprattutto, quella di giornalismo, fondata da Joseph Pulitzer nel 1902 (l'università gestisce il famoso premio Pulitzer).
L'area del campus, trovandosi nel cuore di Manhattan (Morningside Heights è sull'Upper West Side poco più a nord di Central Park), è costruito su un'area abbastanza ridotta, ma conserva alcune caratteristiche peculiari dei campus universitari americani: grandi aiuole per lo svago e lo studio, oltre che grandi edifici in stile neoclassico. Emblema di questa architettura è senz'altro la Low Library, la grande biblioteca, che un po' ricorda il Pantheon di Roma. E proprio sulla scalinata, che conduce alla biblioteca, troviamo la statua dedicata alla dea Minerva, ispiratrice di saggezza, battezzata Alma Mater... si dice che l'università ne conservi 3 copie, in caso l'originale venga irreparabilmente danneggiato durante rivolte inattese o attentati terroristici... Mi pare che gli americani siano molto simili ai piemontesi: dei grandi ottimisti!
Tradizione, che ricorda molto un fare di noi studenti torinesi, é la foto di fronte alla statua solo dopo essersi diplomati... insomma, un po' come salire in cima alla Mole solo dopo la laurea!
Non vi tedio oltre, tante altre cose ci sarebbero da dire. Tante storie dei tanti studenti e professori famosi che hanno percorso, in epoche passate e presenti, il College Walk, la via che taglia il campus, tra Broadway e Amsterdam Avenue, ma rimando gli interessati ai link specifici, presenti in questo post.
Un saluto dal vostro bugia nén

Monday, August 07, 2006

New-York Effect (due zingari alla conquista di Manhattan)




Se qualcuno mi chiedesse: "Vorrei cambiare vita, dove devo andare?"
... non gli farei finire la frase e risponderei: "New York!"

E' già, sembra che questa città abbia in se il seme del cambiamento, della vivavicità, dell'evoluzione. Se, come è stato detto, questa città è capace di reinventarsi nel giro di pochi decenni, non c'è da stupirsi se Marco ed io in pochi giorni stiamo costruendo il nostro futuro prossimo newyorkese con estrema facilità, divertimento e gioia.

Se non ci credete, veniteci a trovare!

Due zingari alla conquista di Manhattan (http://columbiaexperience.blogspot.com/)

Incipit...

Dum loquimur, fugerit invida aetas: carpe diem, quam minimum credula postero. Per dirla con Orazio, il tempo fugge e qui cercheremo di fermarlo nei momenti salienti di questi due anni di studio a New York.

Domenica 30 luglio 2006 inizia ufficialmente la mia avventura New-Yorkese. Vorrei però partire dal 21 ottobre 2005, visto che quella é la pietra angolare su cui poggia questa avventura. Era un venerdì e ancora mi trovavo nella “grigia Albione”, dove ho vissuto negli ultimi tre anni. Direte, che ci fa un bugia nén a Londra? Beh, vi devo sorprendere, ma la colonia sabauda locale è decisamente folta e nutrita. Ma non divaghiamo... uscito dall’ufficio, mi reco al Vecchio Monco, come sempre, quando rimango a Londra per il weekend. Dopo un paio di pinte Diego propone pizza e poker online a casa sua, tanto Vale deve solo fare i disegni per il corso di interior design, quindi non le daremo mica fastidio!!! Siamo Diego, il Riccio e il sottoscritto.

Sembra proprio una serata come tante altre: vinciamo subito il primo torneo e ci facciamo prendere da manie di grandezza... dal torneo da 10 dollari, passiamo a quello da 40, iniziamo a puntare alla disperata e in men che non si dica, perdiamo tutto. Risultato, verso mezzanotte, me ne torno a casa, avendo perso 5 sterline... beh, forse non é proprio andata come al solito, visto che solitamente andiamo in pari o vinciamo qualcosina. Ma non importa, tanto ci siamo divertiti.

Diego vive a pochi isolati da casa mia e in un attimo parcheggio la mia Vespa in garage e sono a casa (meglio nota come Varsity Court). Non ho ancora sonno e decido di accendere il laptop, controllare la posta elettronica e rispondere a mail arretrate. Ma qui ecco la sorpresa, il mio cuore smette di battere per interminabili secondi: c’è una mail inattesa da parte della Columbia Business School. Com’è possibile? Mi chiedo. Ho avuto solo ieri il colloquio con un ex-allievo e mi hanno già notificato di aver ricevuto il suo feedback... da buon torinese (speröma bin) penso subito al peggio: mi avranno scartato è stata la prima cosa che ho pensato. A malincuore lancio il link della mail, immetto la mia username e password e dopo interminabili secondi, finalmente scopro il mio destino... Scusate, ma se non fossi stato ammesso, credete che sarei qui a scrivere questo blog? Per cui non credo ci sia bisogno di raccontarvi cosa ci fosse scritto sulla pagina web o la prima canzone che mi è venuta in mente (New York New York del grande Frankie, per la cronaca). Insomma il bugia nén dopo aver lasciato la sua adorata Augusta Taurinorum nel 2003, per trasferirsi ad Albione, ora si muove verso la Grande Mela!

Il 2006 me lo segnerò nella memoria, fino a qui, l’anno migliore della mia vita. Lasciatemi ricordare alcuni fatti che fin’ora l’hanno reso così speciale:

  • Torino 2006. I giochi olimpici sono stati un’esperienza magnifica, indescrivibile, se non l’avete provata in prima persona... non mi dilungo, visto che l’argomento del blog non è questo.
  • Il Toro torna in Serie A. Eravamo già tornati l’anno passato, ma poi per colpa di un proprietario gobbo e squattrinato, la società è fallita e siamo ripartiti dalla Serie B. Mi sono goduto l’agognato ritorno in A al delle Alpi con altri 60mila assatanati granata.
  • Germania 2006. Gli ex-colleghi inglesi mi derisero, quando, prima di lasciare il lavoro, affermai che dubitavo l’Italia ce la facesse a passare il girone iniziale, ma che, se ce l’avesse fatta, sarebbero iniziate le notti magiche... Insomma, lo sappiamo tutti quanti come è andata a finire: SIAMO CAMPIONI DEL MONDO!!! e gli inglesi, come sempre, sono rimasti a bocca asciutta.
  • Juve in B. Mi spiace per i miei tanti amici gobbi, ma non posso celare la mia gioia per la “Vecchia Signora” in B: prima o poi il purgatorio doveva toccare anche a voi, serve a rinforzare lo spirito.
  • New York. Da piccino, visitando Londra con i miei rimasi meravigliato dalle case bianche con portico vittoriano e dissi che un giorno avrei voluto vivere lì: spuntato dalla mia lista di desideri, visto che la prima casa dove ho vissuto a Londra era proprio un classico palazzo vittoriano. Quando poi, più grandicello visitai New York, da buona Cassandra, dissi che mi sarebbe piaciuto anche vivere a Manhattan... beh, che dire, con effetto 30 luglio 2006 sono un new-yorkese, almeno quanto a residenza.

Dicevo, per i prossimi due anni New York sarà la mia casa. Ad essere onesti, l’accoglienza è stata strepitosa. A differenza del mio compare di merende, Emanuele de Santis (da qui in poi Lele, per brevità), non ho avuto problemi alla dogana, visto che mi ero ricordato di portare tutti i moduli dell’università e non il solo passaporto con visto. Conto da Citibank e contratto per il cellulare fatti in men che non si dica il 31 luglio, neanche in Inghilterra era stato così facile e veloce. E dire che là ci lavoravo, per cui c’erano delle credenziali maggiori... qui sono solo uno studente!

A proposito dell’Inghilterra... qui il clima mi risulta decisamente più gradito. In estate fa un caldo giamaicano e in inverno dovrebbero esserci i pinguini che mi schiaffeggiano quando esco di casa al mattino. In effetti i primi 3 giorni sono stati un po’ allucinanti: temperatura ben oltre i 40 gradi, umidità oltre il 70%... e pensare che mia madre si lamentava tanto della calura torinese; bazzecole al confronto, l’aria condizionata era l’unica salvezza, nella speranza di non prendersi un mega raffreddore... ho sudato così tanto che su una maglietta i segni lasciati facevano pensare alla “Sindone di Marco”!

Mercoledì 2 agosto sono andato a firmare i documenti per entrare nella casa che è stata assegnata dall’università. Due stanze, soggiorno, angolo cottura e bagno, al secondo piano di una palazzina fronte parco (Morningside Heights), a 5 isolati da dove frequenterò i corsi (anche qui mantenuta la tradizione di essere sempre vicinissimo al luogo di studio!). Il mio vicino si chiama Carlos, è argentino e non vuole che parli di calcio... sarà perché siamo i campioni del mondo? E dire che non avevo neanche fatto il Poo-PoPoPoPoPo-Pooo e non sbandieravo il Tricolore, quando tornerò a casa per Natale dovrò ricordarmi di andarne a comprare uno di dimensioni oceaniche, un po’ di orgoglio campanilistico non guasta mai.

La casa è arredata di tutto punto, ma manca qualsiasi utensile. Zaino in spalla, carta di credito alla mano, mi fiondo al K-Mart vicino al Madison Square Garden e inizio il primo round di acquisti: padelle, scolapasta, posate, piatti, tazze. Soddisfatto me ne torno a casa e mi preparo la prima cena new-yorkese fatta in casa.

Il giorno seguente raggiungo Lele, che sta sbrigando le operazioni per entrare anche lui nell’alloggio assegnatogli dall’università. Dopo essersi accasato e aver contrattato, non senza complicazioni, il piano telefonico per il cellulare, siamo pronti per andare di nuovo dai nostri amici di K-Mart, questa volta per le sue spese di prima necessità, cioé più o meno tutto, visto che casa sua non è arredata, a differenza della mia. A carrello pieno e stremati dal caldo, ci dirigiamo verso casa... cena e rapidamente a letto, stanchissimi.

Il venerdì é ancora sulla stessa falsariga, altro round da K-Mart. Ormai ci conoscono e possiamo fare tutto il bordello che vogliamo. Io ho esigenza di trovare un materasso gonfiabile per Paolo, mio cugino, che starà qui due settimane da metà mese. Dopo lungo ricercar, ecco la soluzione militare: il materasso autogonfiabile, prodotto dalla stessa azienda che fabbrica i coltelli dell’esercito svizzerro, quelli multi-funzione, con cui puoi farci di tutto, dalla pedicure, al taglio della legna, allo sgozzamento di un coniglio e quant’altro. Orgoglioso me ne torno a casa e ci prepariamo per il party serale organizzato da alcuni compagni di corso. Finalmente ho occasione di conoscerli di persona, dopo mesi di mail. Si va al Social sull’ottava tra la 48 e la 49. Posto carino, qualche birra e si è già tutti amici. Molto simpatici Carlos e i suoi compari argentini (sarà che le loro origini sono italiane o spagnole...). Il personaggio più singolare è Bogdan, un ragazzo ucraino, assomiglia ad Abramovich ed è un gran simpaticone, anche perché ha alzato il gomito un po’ troppo e quindi intrattiene tutti con tanta gioia.

Ci sono anche parecchie ragazze... quasi tutte americane. Ma, dico io, è mai possibile che in questa nazione non esistano le vie di mezzo? O sono grasse da far paura oppure hanno dei decoltè da Baywatch! Sicuramente preferisco le seconde, ma c’è chi mi tiene a bada... Una di queste maggiorate si presenta con una battuta sul mio abbigliamento poco new-yorkese. Tra me e me penso: ma sarai elegante tu con una gonna verde militare e un top giallo... si vede che non hai la classe degli italiani... mi trattengo, in fin dei conti, come ho detto, è una maggiorata e pure molto carina. A buon intenditore poche parole, infatti mi si incolla addosso per buona parte della serata...

Sabato mattina accompagno Lele a comprare l’iPod a SoHo, da veterano new-yorkese, mi assumo la responsabilità della guida. Si fa mezzogiorno e il languore inizia a dare i primi segnali. Attivo il radar e, in men che non si dica, per la sorpresa di Lele, individuo un fast-food Subway (è una costante di questi giorni, il mio sesto senso nel trovare un locale che stiamo cercando!). 30cm di tuna melt e una limonata dopo, finalmente sazi, torniamo verso il campus, dove conosciamo Enrico, studente del secondo anno, nostro futuro compare di regate.

Domenica saremmo dovuti andare in qualche spiaggia di Long Island, forse Hamptons, ma vuoi che ci siamo svegliati tardi, vuoi che Lele é andato a messa prima... abbiamo finito per rimanere a Manhattan e, tanto per cambiare, siamo andati da K-Mart. Questa volta ho acquistato aspirapolvere al plutonio (39 dollari soltanto, ma potrebbe aspirarti anche l’anima!), ferro da stiro e relativa tavola, che sembra una tavola da surf! Al ritorno sulla metro sembravamo degli zingari...

Così siamo a lunedì e mi sembrava il momento buono per iniziare a raccontare di questa esperienza. Considero il mondo per quello che é: un palcoscenico dove ciascuno deve recitare la sua parte.