Monday, August 07, 2006

Incipit...

Dum loquimur, fugerit invida aetas: carpe diem, quam minimum credula postero. Per dirla con Orazio, il tempo fugge e qui cercheremo di fermarlo nei momenti salienti di questi due anni di studio a New York.

Domenica 30 luglio 2006 inizia ufficialmente la mia avventura New-Yorkese. Vorrei però partire dal 21 ottobre 2005, visto che quella é la pietra angolare su cui poggia questa avventura. Era un venerdì e ancora mi trovavo nella “grigia Albione”, dove ho vissuto negli ultimi tre anni. Direte, che ci fa un bugia nén a Londra? Beh, vi devo sorprendere, ma la colonia sabauda locale è decisamente folta e nutrita. Ma non divaghiamo... uscito dall’ufficio, mi reco al Vecchio Monco, come sempre, quando rimango a Londra per il weekend. Dopo un paio di pinte Diego propone pizza e poker online a casa sua, tanto Vale deve solo fare i disegni per il corso di interior design, quindi non le daremo mica fastidio!!! Siamo Diego, il Riccio e il sottoscritto.

Sembra proprio una serata come tante altre: vinciamo subito il primo torneo e ci facciamo prendere da manie di grandezza... dal torneo da 10 dollari, passiamo a quello da 40, iniziamo a puntare alla disperata e in men che non si dica, perdiamo tutto. Risultato, verso mezzanotte, me ne torno a casa, avendo perso 5 sterline... beh, forse non é proprio andata come al solito, visto che solitamente andiamo in pari o vinciamo qualcosina. Ma non importa, tanto ci siamo divertiti.

Diego vive a pochi isolati da casa mia e in un attimo parcheggio la mia Vespa in garage e sono a casa (meglio nota come Varsity Court). Non ho ancora sonno e decido di accendere il laptop, controllare la posta elettronica e rispondere a mail arretrate. Ma qui ecco la sorpresa, il mio cuore smette di battere per interminabili secondi: c’è una mail inattesa da parte della Columbia Business School. Com’è possibile? Mi chiedo. Ho avuto solo ieri il colloquio con un ex-allievo e mi hanno già notificato di aver ricevuto il suo feedback... da buon torinese (speröma bin) penso subito al peggio: mi avranno scartato è stata la prima cosa che ho pensato. A malincuore lancio il link della mail, immetto la mia username e password e dopo interminabili secondi, finalmente scopro il mio destino... Scusate, ma se non fossi stato ammesso, credete che sarei qui a scrivere questo blog? Per cui non credo ci sia bisogno di raccontarvi cosa ci fosse scritto sulla pagina web o la prima canzone che mi è venuta in mente (New York New York del grande Frankie, per la cronaca). Insomma il bugia nén dopo aver lasciato la sua adorata Augusta Taurinorum nel 2003, per trasferirsi ad Albione, ora si muove verso la Grande Mela!

Il 2006 me lo segnerò nella memoria, fino a qui, l’anno migliore della mia vita. Lasciatemi ricordare alcuni fatti che fin’ora l’hanno reso così speciale:

  • Torino 2006. I giochi olimpici sono stati un’esperienza magnifica, indescrivibile, se non l’avete provata in prima persona... non mi dilungo, visto che l’argomento del blog non è questo.
  • Il Toro torna in Serie A. Eravamo già tornati l’anno passato, ma poi per colpa di un proprietario gobbo e squattrinato, la società è fallita e siamo ripartiti dalla Serie B. Mi sono goduto l’agognato ritorno in A al delle Alpi con altri 60mila assatanati granata.
  • Germania 2006. Gli ex-colleghi inglesi mi derisero, quando, prima di lasciare il lavoro, affermai che dubitavo l’Italia ce la facesse a passare il girone iniziale, ma che, se ce l’avesse fatta, sarebbero iniziate le notti magiche... Insomma, lo sappiamo tutti quanti come è andata a finire: SIAMO CAMPIONI DEL MONDO!!! e gli inglesi, come sempre, sono rimasti a bocca asciutta.
  • Juve in B. Mi spiace per i miei tanti amici gobbi, ma non posso celare la mia gioia per la “Vecchia Signora” in B: prima o poi il purgatorio doveva toccare anche a voi, serve a rinforzare lo spirito.
  • New York. Da piccino, visitando Londra con i miei rimasi meravigliato dalle case bianche con portico vittoriano e dissi che un giorno avrei voluto vivere lì: spuntato dalla mia lista di desideri, visto che la prima casa dove ho vissuto a Londra era proprio un classico palazzo vittoriano. Quando poi, più grandicello visitai New York, da buona Cassandra, dissi che mi sarebbe piaciuto anche vivere a Manhattan... beh, che dire, con effetto 30 luglio 2006 sono un new-yorkese, almeno quanto a residenza.

Dicevo, per i prossimi due anni New York sarà la mia casa. Ad essere onesti, l’accoglienza è stata strepitosa. A differenza del mio compare di merende, Emanuele de Santis (da qui in poi Lele, per brevità), non ho avuto problemi alla dogana, visto che mi ero ricordato di portare tutti i moduli dell’università e non il solo passaporto con visto. Conto da Citibank e contratto per il cellulare fatti in men che non si dica il 31 luglio, neanche in Inghilterra era stato così facile e veloce. E dire che là ci lavoravo, per cui c’erano delle credenziali maggiori... qui sono solo uno studente!

A proposito dell’Inghilterra... qui il clima mi risulta decisamente più gradito. In estate fa un caldo giamaicano e in inverno dovrebbero esserci i pinguini che mi schiaffeggiano quando esco di casa al mattino. In effetti i primi 3 giorni sono stati un po’ allucinanti: temperatura ben oltre i 40 gradi, umidità oltre il 70%... e pensare che mia madre si lamentava tanto della calura torinese; bazzecole al confronto, l’aria condizionata era l’unica salvezza, nella speranza di non prendersi un mega raffreddore... ho sudato così tanto che su una maglietta i segni lasciati facevano pensare alla “Sindone di Marco”!

Mercoledì 2 agosto sono andato a firmare i documenti per entrare nella casa che è stata assegnata dall’università. Due stanze, soggiorno, angolo cottura e bagno, al secondo piano di una palazzina fronte parco (Morningside Heights), a 5 isolati da dove frequenterò i corsi (anche qui mantenuta la tradizione di essere sempre vicinissimo al luogo di studio!). Il mio vicino si chiama Carlos, è argentino e non vuole che parli di calcio... sarà perché siamo i campioni del mondo? E dire che non avevo neanche fatto il Poo-PoPoPoPoPo-Pooo e non sbandieravo il Tricolore, quando tornerò a casa per Natale dovrò ricordarmi di andarne a comprare uno di dimensioni oceaniche, un po’ di orgoglio campanilistico non guasta mai.

La casa è arredata di tutto punto, ma manca qualsiasi utensile. Zaino in spalla, carta di credito alla mano, mi fiondo al K-Mart vicino al Madison Square Garden e inizio il primo round di acquisti: padelle, scolapasta, posate, piatti, tazze. Soddisfatto me ne torno a casa e mi preparo la prima cena new-yorkese fatta in casa.

Il giorno seguente raggiungo Lele, che sta sbrigando le operazioni per entrare anche lui nell’alloggio assegnatogli dall’università. Dopo essersi accasato e aver contrattato, non senza complicazioni, il piano telefonico per il cellulare, siamo pronti per andare di nuovo dai nostri amici di K-Mart, questa volta per le sue spese di prima necessità, cioé più o meno tutto, visto che casa sua non è arredata, a differenza della mia. A carrello pieno e stremati dal caldo, ci dirigiamo verso casa... cena e rapidamente a letto, stanchissimi.

Il venerdì é ancora sulla stessa falsariga, altro round da K-Mart. Ormai ci conoscono e possiamo fare tutto il bordello che vogliamo. Io ho esigenza di trovare un materasso gonfiabile per Paolo, mio cugino, che starà qui due settimane da metà mese. Dopo lungo ricercar, ecco la soluzione militare: il materasso autogonfiabile, prodotto dalla stessa azienda che fabbrica i coltelli dell’esercito svizzerro, quelli multi-funzione, con cui puoi farci di tutto, dalla pedicure, al taglio della legna, allo sgozzamento di un coniglio e quant’altro. Orgoglioso me ne torno a casa e ci prepariamo per il party serale organizzato da alcuni compagni di corso. Finalmente ho occasione di conoscerli di persona, dopo mesi di mail. Si va al Social sull’ottava tra la 48 e la 49. Posto carino, qualche birra e si è già tutti amici. Molto simpatici Carlos e i suoi compari argentini (sarà che le loro origini sono italiane o spagnole...). Il personaggio più singolare è Bogdan, un ragazzo ucraino, assomiglia ad Abramovich ed è un gran simpaticone, anche perché ha alzato il gomito un po’ troppo e quindi intrattiene tutti con tanta gioia.

Ci sono anche parecchie ragazze... quasi tutte americane. Ma, dico io, è mai possibile che in questa nazione non esistano le vie di mezzo? O sono grasse da far paura oppure hanno dei decoltè da Baywatch! Sicuramente preferisco le seconde, ma c’è chi mi tiene a bada... Una di queste maggiorate si presenta con una battuta sul mio abbigliamento poco new-yorkese. Tra me e me penso: ma sarai elegante tu con una gonna verde militare e un top giallo... si vede che non hai la classe degli italiani... mi trattengo, in fin dei conti, come ho detto, è una maggiorata e pure molto carina. A buon intenditore poche parole, infatti mi si incolla addosso per buona parte della serata...

Sabato mattina accompagno Lele a comprare l’iPod a SoHo, da veterano new-yorkese, mi assumo la responsabilità della guida. Si fa mezzogiorno e il languore inizia a dare i primi segnali. Attivo il radar e, in men che non si dica, per la sorpresa di Lele, individuo un fast-food Subway (è una costante di questi giorni, il mio sesto senso nel trovare un locale che stiamo cercando!). 30cm di tuna melt e una limonata dopo, finalmente sazi, torniamo verso il campus, dove conosciamo Enrico, studente del secondo anno, nostro futuro compare di regate.

Domenica saremmo dovuti andare in qualche spiaggia di Long Island, forse Hamptons, ma vuoi che ci siamo svegliati tardi, vuoi che Lele é andato a messa prima... abbiamo finito per rimanere a Manhattan e, tanto per cambiare, siamo andati da K-Mart. Questa volta ho acquistato aspirapolvere al plutonio (39 dollari soltanto, ma potrebbe aspirarti anche l’anima!), ferro da stiro e relativa tavola, che sembra una tavola da surf! Al ritorno sulla metro sembravamo degli zingari...

Così siamo a lunedì e mi sembrava il momento buono per iniziare a raccontare di questa esperienza. Considero il mondo per quello che é: un palcoscenico dove ciascuno deve recitare la sua parte.

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